L’ombra di Narciso
Psicoterapia dell’incapacità di amare
Editore Franco Angeli, 2017
Il primo ad adoperare il termine “narcisismo” fu, nel 1898, il sessuologo Havelock Ellis, che utilizzò il termine in riferimento all’autoerotismo. Ma il termine divenne famoso solo dopo che Freud, nel 1914, gli dedicò il saggio “Introduzione al narcisismo”, nel quale descrisse il fenomeno come biologico e intrinseco a ogni disturbo psichico. In seguito, lo psicoanalista Heinz Kohut ne diede una rilettura socio-psicologica, nei termini di un disturbo non innato, come affermato da Freud, bensì acquisito durante il corso della vita per via di carenze, umiliazioni e traumi primari.
Negli ultimi dieci anni la diagnosi di narcisismo è stata abusata fino a farne una vera e propria “truffa culturale”. Soprattutto su Internet e nella letteratura psicologica autopromozionale (spesso di bassissimo livello) la diagnosi di narcisismo diventa occasione per dimostrare che la specie umana è divisa fra “prede” e “predatori”, e in genere si sottintende (o si afferma esplicitamente) che la preda sia una donna il predatore un uomo. Questa letteratura ha facile presa perché la gran parte dei disturbi da dipendenza affettiva colpiscono donne, mentre non è vero il contrario, cioè che i disturbi narcisistici siano solo appannaggio del genera maschile. Inoltre, del tutto “patologizzato”, il narcisismo inteso come fenomeno psichico universale è stato sempre più depauperato dell’idea di un “narcisismo sano” alla base dei processi psicologici di organizzazione dell’autostima e di individuazione del Sé.
Per gettare una luce di chiarezza sul disturbo narcisistico ho scritto questo libro, che ora è nelle librerie. Dal mio punto di vista, come dimostro nel libro, il narcisismo ha molte gradazioni di gravità ed è perlopiù curabile.
Laddove la naturale individuazione è mortificata dall’inizio della vita o in momenti topici del suo sviluppo, la paura e la rabbia che scaturiscono da quella precoce mortificazione costringono la personalità a organizzare una struttura caratteriale difensivo-aggressiva: questa organizzazione è, appunto, il narcisismo. Talvolta si limita a difese pressoché innocue sul piano relazionale, come in quelle persone che limitano i contatti – soprattutto affettivi – col mondo (disturbo che ho chiamato “anoressia sentimentale”); altre volte si esprime in una modalità ambivalente passivo-aggressiva, molto insidiosa sul piano relazionale; altre volte ancora in una modalità grave, che integra in se stessa tratti marcatamente sadici.
Quarta di copertina
La tradizione psicoanalitica, a cominciare da Sadger e Rank, ha rilevato il termine “narcisismo” dalla sessuologia di fine Ottocento, nella quale indicava nient’altro che una perversione sessuale. Poi, con una mossa sensazionale, Freud ha “sdoganato” il termine e ha fatto del narcisismo il fondamento universale della natura umana e il cardine esplicativo di ogni psicopatologia. Da quel momento, nelle pagine di psicoterapeuti e moralisti della civiltà, il concetto di narcisismo è diventato onnicomprensivo, la chiave di accesso per spiegare ogni male.
Ebbene, questo abuso sensazionalista del concetto è ormai logoro: il narcisismo è tutt’altro. Non è il fattore antisociale connaturato alla specie umana descritto da Freud; è semmai la deviazione patologica di un impulso naturale alla maturazione. Nessun carattere autonomo, nessuna personalità complessa possono nascere e svilupparsi senza attingere allo straordinario deposito di energia del narcisismo.
L’ombra di Narciso è il dolore di non essere stati riconosciuti e, allo stesso tempo, la drammatica risposta dell’individuo all’angoscia di essere annientato. Nessuno è esente da tratti narcisistici, perché il narcisismo è una forza che spinge a esplorare la propria singolarità, a esprimere la propria unicità, ad affermare la propria personalità, anche se ciò comporta, non di rado, il passaggio attraverso la rabbia, la violenza, la crudeltà.